Chi sono
Luigi Frezza
Mi chiamo Luigi Frezza, sono psicologo dal 2007 e iscritto all’Albo degli Psicologi della Puglia (qui puoi cercare il mio nominativo nell’Albo Unico Nazionale degli Psicologi).
Alcuni anni fa ho modificato radicalmente la mia visione della psicologia.
La psicologia che io ho appreso, e che praticavo agli inizi della mia carriera, ha a mio avviso diverse criticità. Una su tutte, tiene poco in considerazione le dinamiche di potere nella relazione tra lo psicologo e il paziente (cliente, utente, come volete definirlo).
Noi psicologi abbiamo un grande potere.
Siamo gli “esperti” cui le persone si affidano per stare meglio, per risolvere problemi che le affliggono, per migliorare le proprie condizioni di vita e/o le proprie relazioni.
Se lo psicologo ti fa una diagnosi, o ti propone un’interpretazione o una spiegazione in merito a un tuo comportamento – ad esempio, la classica: «Fai così perché tuo padre… tua madre…», o amenità simili – tu magari ci credi perché, in quanto esperto, “ne sa più di te”, e quindi starà dicendo qualcosa di vero.
Il punto è che la psicologia non parla di verità.
La psicologia presenta modelli interpretativi del funzionamento dell’essere umano.
La psicologia parla di concetti e idee.
La psicologia si fonda su una specifica visione del mondo che potremmo definire “a cipolla”: il mondo è fatto a strati, ci sono strati più superficiali e altri più profondi. I comportamenti umani, per la psicologia, sono manifestazione di qualcos’altro.
Qualcosa sottostante, profondo, che possiamo chiamare “psiche”, “mente”, “carattere”, “personalità”, “pensiero”, “emozione”, e così via.
E qui sta il problema.
Questa visione del mondo a cipolla non è l’unica che possiamo avere.
È solo una metafora, un punto di vista, non è la Verità assoluta.
Quello che propone la psicologia è un insieme di teorie e modelli, che risentono dello spirito del tempo, del contest socio-culturale e delle esperienze personali degli studiosi che li propongono.
Infatti, NON esiste un unico modello della mente, o della personalità.
Per alcune teorie l’inconscio esiste, per altre no.
Per alcune teorie il carattere esiste, per altre no.
Purtroppo – e lo dico a malincuore – spesso la psicologia si dimentica di essere una disciplina di idee. Un’idea è utile o non utile.
Oppure può essere utile in alcuni contesti, meno utile in altri.
Invece la psicologia ha iniziato a parlare in termini di “verità”.
Ha iniziato a credere che la mente, la psiche, i pensieri, le emozioni, siano cose reali.
Ha iniziato a comportarsi e a presentarsi al mondo come una portatrice di verità.
E torniamo al tema del potere che lo psicologo ha sul suo paziente.
Se lo psicologo propone le sue diagnosi, le sue interpretazioni, il suo modello di intervento come cose vere, il paziente si trova davanti a una situazione pesante: “se quello che il mio psicologo mi sta dicendo è vero, io non posso fare altro che accettare.
Perché la realtà, che ci piaccia o meno, va accettata per quella che è, non c’è niente altro che possiamo fare“.
E infatti anche per me, i primi anni della mia carriera, l’obiettivo iniziale del mio lavoro era aiutare le persone ad “accettare la realtà”.
Ma se questa realtà non ti piace?
Devi accettarla comunque, è questo che fanno le persone adulte.
Questo ruolo del portatore di verità iniziò a starmi stretto dopo poco tempo.
Mi sembrava di imporre ai miei pazienti un modo di vivere, di pensare, di ragionare, di stare in relazione con gli altri, di percepire sé stessi e il mondo.
Un modo che mi era stato detto essere “giusto”, “vero”, “normale”.
Sulla base di questi criteri valutavo le persone e definivo ciò che era “sano” da ciò che era “patologico”.
E mi sembrava di essere estremamente manipolativo.
Ma continuavo a lavorare in questo modo perché non vedevo alternative.
Per un certo periodo pensai anche di smettere di fare lo psicologo.
Io volevo aiutare le persone, e la psicologia che praticavo, che avevo studiato e che mia era stata insegnata secondo me non aiutava le persone.
Le normalizzava.
Le allineava allo status quo.
Ma non permetteva loro di esprimere pienamente i propri valori, il proprio modo di intendere sé stessi, il mondo, le proprie relazioni.
Questa psicologia metteva le persone in categorie predefinite, in gabbie concettuali che descrivevano la loro vita in modo estremamente semplificato e riduttivo.
In un modo per me assolutamente poco rispettoso.
Finché incontrai l’orientamento della psicologia postmoderna e non strutturalista.
In Italia si parlava – e si parla tutt’ora – poco o niente di questo orientamento, tant’è che ho dovuto studiarlo all’estero, in Gran Bretagna.
La psicologia non strutturalista, e in particolare la Terapia Narrativa, il modello nell’alveo di questo orientamento in cui più mi riconosco, pone un grande accento sul tema del potere nella relazione tra lo psicologo e il paziente.
Quando lavoro con le persone, io non mi pongo come un esperto della loro vita, come il maestro o il guru che sa come si vive in maniera “sana” o “normale”.
Io sono portatore della mia narrazione di vita, così come lo è il mio paziente.
Io sono esperto della mia storia, tu della tua.
Il mio compito è aiutarti a raccontare la tua storia, e non è cosa da poco.
Quante volte non hai espresso le tue idee perché temevi non fossero giuste – o ti è stato detto non essere giuste?
Quante volte hai dovuto mettere da parte i tuoi valori e accettare compromessi che non volevi accettare, sentendo di aver tradito te stesso e ciò in cui credi?
O magari, sei già stato da uno psicologo e ti è stata fornita una diagnosi, oppure ti è stata proposta un’interpretazione sul tuo comportamento – o sul tuo modo di interagire con gli altri, o su come vivi la tua relazione di coppia, e quant’altro – e questa diagnosi o questa interpretazione non ti sono piaciute, ma hai dovuto accettarle perché ti è stato detto che erano vere?
Quante volte ti sei sentito giudicato, “non normale”, e hai cercato disperatamente di essere “normale”, perché ti è stato fatto credere che essere normale voglia dire essere nel giusto?
Ecco, il mio obiettivo è aiutarti a smontare queste narrazioni dominanti sulla verità e la normalità, liberarti dalla gabbia della verità a tutti costi, e aiutarti a ragionare in termini di utilità.
La diagnosi che hai ricevuto ti è utile o no? Se ti è utile la teniamo, altrimenti usiamo altri termini e altre parole per raccontare la tua esperienza.
L’interpretazione che hai ricevuto ti è utile? Se sì, vediamo come sfruttarla a tuo vantaggio, altrimenti troviamone una più utile, oppure lasciamo perdere le interpretazioni.
Descriverti nel modo in cui ti descrivi ti è utile? Se sì, manteniamo questa descrizione, altrimenti costruiamone una più utile e vantaggiosa per te.
Le parole sono importanti.
Costruiscono vite e creano mondi.
E molto spesso noi, nel raccontare noi stessi e la nostra vita, usiamo parole che non ci appartengono ma che ci sono state date dagli altri o dal nostro contesto sociale.
Io ti aiuto a raccontare la tua vita con le tue parole.
A scegliere le definizioni che ritieni migliori per te.
A usare le parole e le frasi che più ti aiutano a migliorare la tua vita.
Se inizi a raccontare a la tua storia, se fai sentire la tua voce, potrai lasciare un segno nel mondo, e questo, per quanto mi riguarda, è uno degli elementi che dà senso alla nostra vita.